Nonostante il suo drammatico bagaglio e le attuali criticità, la pandemia ha anche fatto sì che si puntassero i riflettori su temi delicati come l’importanza strategica dei fondi per sanità e ricerca, delle reti territoriali, dei servizi assistenziali, delle telecomunicazioni e della telemedicina.
Un campo che ha conosciuto un consistente sviluppo, almeno in termini di consapevolezza e attenzione del dibattito pubblico, è quello del welfare aziendale. Come riportato in questo articolo, il Rapporto Welfare Index PMI 2021, recentemente diffuso, ha mostrato come le imprese italiane abbiano fatto progressi in questo settore, proprio in seguito alle necessità imposte dall’emergenza sanitaria.
Nuove frontiere e nuove risorse nei rapporti tra aziende e professionisti: ma quali sono nello specifico le aree di intervento?
Uno degli ambiti più importanti è il supporto ai dipendenti che devono occuparsi in prima persona dell’assistenza a familiari disabili o malati, i cosiddetti caregiver. È il settore del people caring, ovvero, per usare un giro di parole: prendersi cura di chi si prende cura. Tra le attività portate avanti, le collaborazioni locali instaurate con presidi sanitari e strutture socio-assistenziali, per creare una rete di servizi accessibili a tutti. Rientrano in questa categoria le iniziative di welfare comunitario, che hanno appunto l’obiettivo di promuovere le opportunità reciproche, per i lavoratori e per il tessuto produttivo territoriale.
La pandemia ha anche portato alla luce la figura del caregiver aziendale, definita recentemente da Laura Sinatra, Ceo di Eapitalia World. Si tratta delle possibilità di diventare, volontariamente, caregiver di un collega in difficoltà, magari a causa una malattia o di un grave lutto. Dai manager ai consulenti, secondo questo innovativo programma di intervento chiunque potrebbe scegliere di diventare figura di riferimento per un collega in difficoltà.
L’equilibrio vita-lavoro è un altro ramo in cui sono confluite le risorse delle aziende, nel perseguire l’obiettivo andare incontro ai bisogni dei dipendenti: non solo smart working, misure sulla mobilità, aiuti a favore dei neo genitori e delle famiglie, ma anche servizi per il benessere psicofisico della persona.
Non tutti i dati, però, sono confortanti. Il progetto Career – CARE for womEn work, nato dalla collaborazione tra Università Cattolica del Sacro Cuore e Politecnico di Milano, ha infatti evidenziato come l’impatto della pandemia sulla condizione lavorativa delle donne è stato più significativo rispetto agli uomini. Ad esempio, secondo uno studio cross-culturale su Italia, Spagna e Grecia, nel nostro Paese il 55% delle intervistate ha dichiarato di aver badato da sola alla casa e all’assistenza verso familiari, rispetto al 31% e al 35%, rispettivamente di Spagna e Grecia.
Anche se sono ancora molti i passi in avanti da fare, ad esempio in merito alla disparità di genere, tra gli aspetti positivi di questa nuova consapevolezza, in alcuni casi ancora in fase embrionale, c’è sicuramente la crescita di attenzione su fronte della responsabilità sociale d’impresa, sia da parte delle multinazionali che delle realtà più piccole.
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