Non solo musica: il Festival di Sanremo è un fenomeno sociale

Da “Grazie dei fiori” a “Brividi”, evoluzione di un evento mediatico che diventa specchio della società

Appuntamento irrinunciabile per chi ama la musica e lo spettacolo, il Festival di Sanremo ha rivelato sempre di più, nel corso degli anni, la sua natura di fenomeno culturale e sociale.

Anche i più accaniti detrattori non potranno negare che la sua indole “camaleontica” lo ha reso specchio dei cambiamenti di un Paese in costante evoluzione.

Nato negli anni Cinquanta, proprio nel momento di transizione dal dopoguerra al boom economico, il Festival di Sanremo ha accompagnato gli italiani, anno dopo anno, cercando di captare i gusti e le necessità del pubblico, evolvendosi e crescendo insieme a lui.

La musica è cambiata, da un’edizione all’altra, di pari passo con la società e il costume, sfruttando le nuove tecnologie e veicolando quindi nuovi registri comunicativi, oltre che, ovviamente, nuovi generi musicali.

Sempre in bilico tra la tutela della tradizione e il tentativo di innovare, si può dire che il festival sia il riflesso della cultura italiana nelle sue diverse epoche storiche.

Nel passaggio dalla paleotelevisione alla neotelevisione, per utilizzare la terminologia coniata da Umberto Eco, il festival ha conosciuto una spettacolarizzazione dello show, aprendo sempre più le porte a gossip, eventi inaspettati, dibattiti, controversie.

Precursore delle polemiche sanremesi fu Adriano Celentano, che nel 1961 iniziò a cantare la sua “Ventiquattromila baci” dando le spalle al pubblico. Un gesto che in quegli anni rappresentò un vero scandalo e che oggi invece fa sorridere, se paragonato ad alcuni fuori programma più recenti, come la chiacchieratissima “strage di fiori” perpetrata da Blanco durante la 73esima edizione del festival di Sanremo.

Contemporaneamente, però, si fanno sempre più spazio, tra la musica e l’intrattenimento, i momenti di riflessione su tematiche politiche, culturali o socialmente rilevanti come razzismo, omosessualità o violenza di genere.

Un esempio di come il festival abbia seguito le trasformazioni della sensibilità sociale è la progressiva scomparsa della figura della valletta che, seppure iconica, si è dovuta scontrare con la crescente consapevolezza in merito alle tematiche femministe.

Le “signore del Teatro Ariston”, del resto, già da anni si erano tramutate da affascinanti comparse a vere e proprie co-conduttrici, come nel caso di Gabriella Carlucci, Antonella Clerici o Luciana Littizzetto.

Il festival ha quindi cambiato più volte formula nel tempo, seguendo e precorrendo mode e tendenze. Oggi non è più un evento meramente televisivo ma transmediale: si adatta alle dinamiche social e cerca l’interazione con essi, con gli influencer e con gli utenti in generale, per ottenere casse di risonanza online e attrarre il pubblico più giovane.

C’è chi lo ama, chi lo ignora e chi lo odia, ma di certo ogni anno riesce a far parlare di sé, come una diva d’altri tempi che sopravvive ai continui mutamenti dell’industria mediatica e continua a godersi i riflettori, ancora ben lontana dal Viale del Tramonto.

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