Legge di bilancio per il 2020: Digital Tax, applicata da subito

Una norma di chiusura prevede che la disciplina sia abrogata non appena entrino in vigore disposizioni derivanti da accordi internazionali in materia di tassazione dell’economia digitale

L’articolo 1, comma 678, del Bilancio 2020 (legge n. 160/2019) contiene il via libera definitivo all’applicazione, anche in Italia, come in altri Paesi, di un’imposta sui servizi digitali o Digital service tax (DST). In realtà, la nuova normativa modifica in modo sostanziale la preesistente disciplina dell’imposta sui servizi digitali, peraltro già introdotta dalla precedente legge di bilancio ma mai entrata in vigore.

L’a, b, c della nuova imposta sui colossi del web
Le nuove norme chiariscono in primo luogo le modalità applicative dell’imposta, che resta pari al 3%, con riferimento ai corrispettivi tassati, alle dichiarazioni e alla periodicità del prelievo. Sono altresì individuate le eventuali ipotesi di esclusione dall’imposta. Un’ulteriore condizione di novità riguarda l’introduzione dell’obbligo per i soggetti passivi non residenti di nomina di un rappresentante fiscale. E ancora, riguardo la tempistica, la riformulazione dell’imposta ne consente l’applicazione piena già dal 1° gennaio 2020, perché l’effettività è ora del tutto svincolata dall’approvazione di eventuali norme secondarie. Nuova è anche l’aggiunta della cosiddetta “sunset clause”, o norma di chiusura, che prevede fin d’ora l’abrogazione dell’imposta stessa non appena entrino in vigore disposizioni derivanti da accordi internazionali in materia di tassazione dell’economia digitale. In questo modo l’Italia si allinea pienamente ai lavori in materia condotti dall’Ocse e dalla stessa Unione europea, entrambe impegnate ad elaborare una soluzione globale e largamente condivisa nel contesto internazionale. In sostanza, non l’attuazione ma la durata temporale dell’imposta, la sua efficacia, sarà subordinata all’evoluzione del quadro internazionale.

Modalità di tassazione, schema generale “cosa e quando si tassa”
La nuova formulazione dell’imposta chiarisce che l’ambito di applicazione guarda ai servizi digitali e si applica sui ricavi derivanti dalla fornitura di tali servizi realizzati dai soggetti passivi di imposta nel corso dell’anno solare. In particolare, per il computo delle soglie di ricavi che consentono l’applicazione dell’imposta, sono presi in considerazione i ricavi conseguiti nell’anno precedente a quello di riferimento.

Clausole di esclusione o “cosa e chi non si tassa”
La nuova norma precisa anche i confini di ciò che rientra nella categoria e/o nozione di servizi digitali e di ciò che ne è escluso. In particolare, l’imposta non trova applicazione sulla fornitura diretta di beni e servizi, nell’ambito di un servizio di intermediazione digitale o sulla fornitura di beni o servizi ordinati attraverso il sito web del fornitore di quei beni e servizi, a patto che il fornitore non svolga funzioni di intermediario. E ancora, non è assoggettata all’imposta la messa a disposizione di un’interfaccia digitale il cui scopo esclusivo o principale è quello della fornitura agli utenti dell’interfaccia da parte del soggetto che gestisce l’interfaccia stessa di contenuti digitali, servizi di comunicazione o servizi di pagamento. E’ altresì fuori dal campo d’applicazione della nuova Digital tax la messa a disposizione di un’interfaccia digitale utilizzata per gestire alcuni servizi bancari e finanziari e, più precisamente: i sistemi dei regolamenti interbancari o di regolamento o di consegna di strumenti finanziari; le piattaforme di negoziazione o i sistemi di negoziazione degli internalizzatori sistematici (soggetti che in modo organizzato, frequente e sistematico negoziano per conto proprio eseguendo gli ordini del cliente al di fuori di un mercato regolamentato o di un sistema multilaterale di negoziazione); le attività di consultazione di investimenti partecipativi e, se facilitano la concessione di prestiti, i servizi di intermediazione nel finanziamento partecipativo; le sedi di negoziazione all’ingrosso, cioè le sedi di negoziazione di strumenti finanziari che, in base alle regole adottate dal gestore, consentono esclusivamente le negoziazioni tra operatori che impegnano posizioni proprie ovvero, nel caso dei soggetti abilitati, quelle nelle quali gli operatori eseguono in contropartita diretta, con posizioni proprie, ordini di clienti professionali; le controparti centrali, in pratica, persone giuridiche che si interpongono tra le controparti di contratti negoziati su uno o più mercati finanziari agendo come acquirente nei confronti di ciascun venditore e come venditore nei confronti di ciascun acquirente; i depositari centrali, ovvero, persone giuridiche che operano un sistema di regolamento titoli individuato ex legge dalle norme europee; gli altri sistemi di collegamento la cui attività è soggetta ad autorizzazione e l’esecuzione delle prestazioni dei servizi soggetta alla sorveglianza di una autorità di regolamentazione al fine di assicurare la sicurezza, la qualità e la trasparenza delle transazioni riguardanti strumenti finanziari, prodotti di risparmio o altre attività finanziarie; la cessione di dati da parte dei soggetti che forniscono i servizi finanziari indicati in precedenza; lo svolgimento delle attività di organizzazione e gestione di piattaforme telematiche per lo scambio dell’energia elettrica, del gas, dei certificati ambientali e dei carburanti, nonché la trasmissione dei relativi dati ivi raccolti e ogni altra attività connessa.

Quando un dispositivo è nel territorio dello Stato?
Ai fini dell’individuazione degli utenti collocati nel territorio nazionale e, dunque, ai fini dell’esistenza del presupposto di imposta, il fattore territoriale è dirimente. In particolare, la localizzazione avviene con riferimento principalmente all’indirizzo di protocollo internet (lP) del dispositivo stesso o ad altro sistema di geolocalizzazione, nel rispetto delle regole relative al trattamento dei dati personali.

Come si calcola l’imponibile da tassare
In pratica, ove un servizio imponibile è fornito nel territorio dello Stato nel corso di un anno solare, in tal caso il totale dei ricavi tassabili viene definito come il prodotto della totalità dei ricavi derivanti dai servizi digitali, ovunque realizzati, per la percentuale rappresentativa della parte di tali servizi collegata al territorio dello Stato. In realtà, le norme fissano convenzionalmente tale percentuale, che è pari: a) per i servizi di veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia, alla proporzione dei messaggi pubblicitari collocati su un’interfaccia digitale, in funzione dei dati relativi ad un utente che consulta tale interfaccia mentre è localizzato nel territorio dello Stato; b) mentre, per i servizi di messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi, due sono le opzioni: la prima, se il servizio comporta un’interfaccia digitale multilaterale che facilita le corrispondenti cessioni di beni o prestazioni di servizi direttamente tra gli utenti, la percentuale sarà pari alla proporzione delle operazioni di consegna di beni o prestazioni di servizi per le quali uno degli utenti dell’interfaccia digitale è localizzato nel territorio dello Stato; in alternativa, se il servizio comporta un’interfaccia digitale multilaterale di un tipo che non rientra tra quelli dì cui al numero l), la percentuale corrisponderà alla proporzione degli utenti che dispongono di un conto aperto nel territorio dello Stato che consente di accedere a tutti o parte dei servizi disponibili dell’interfaccia e che hanno utilizzato tale interfaccia durante l’anno solare in questione; c) per i servizi di trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale, la percentuale corrisponderà alla proporzione degli utenti per i quali tutti o parte dei dati venduti sono stati generati o raccolti durante la consultazione, quando erano localizzati nel territorio dello Stato, di un un’interfaccia digitale.

Occhio alla tempistica e più spazio per la contabilità, anche per i ricavi digital
Come già detto, l’imposta si applica sui ricavi realizzati nell’anno solare, in luogo dei ricavi realizzati trimestralmente. Di conseguenza, si prevede che il versamento dell’imposta avvenga entro il 16 febbraio dell’anno solare successivo a quello di riferimento, e che i soggetti passivi presentino una dichiarazione annuale sull’ammontare dei servizi tassabili forniti entro il 31 marzo dello stesso anno. Per le società appartenenti al medesimo gruppo, per l’assolvimento degli obblighi derivanti dalle disposizioni relative all’imposta sui servizi digitali è nominata una singola società del gruppo.
In particolare, la norma prevede che i soggetti non residenti, privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato, stabiliti in uno Stato diverso da uno Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo con il quale l’Italia non ha concluso un accordo di cooperazione amministrativa per lottare contro l’evasione e la frode fiscale e un accordo di assistenza reciproca per il recupero dei crediti fiscali, siano tenuti a nominare un rappresentante fiscale per assolvere gli obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’imposta sui servizi digitali.
Tali soggetti passivi dell’imposta sono altresì obbligati a tenere un’apposita contabilità per rilevare mensilmente le informazioni sui ricavi dei servizi imponibili, cosi come gli elementi quantitativi mensili utilizzati per calcolare le proporzioni dei servizi imponibili. In particolare, l’informazione sulle somme riscosse mensilmente precisa, ove necessario, l’importo riscosso in una valuta diversa dall’euro e l’importo convertito in euro.

Fonte: FiscoOggi.it – 15 gennaio 2020

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