La guerra dopo la pandemia: ripercussioni sociali e psicologiche

L’importanza di preservare la salute mentale, soprattutto dei più giovani, e saper aiutare sé stessi per essere in grado di sostenere il prossimo

Lo scatenarsi di un conflitto bellico determina sempre una situazione drammatica e terribili conseguenze per le popolazioni coinvolte. Nell’epoca della globalizzazione, un evento della portata dell’attacco russo all’Ucraina implica inoltre ripercussioni su larga scala, sociali e psicologiche, oltre che economiche. A maggior ragione se sopraggiunge al culmine di due anni di pandemia.

Doveroso sottolineare che, in base ai dati Acled (Armed Conflict Location and Event Data Project), solo nel 2021 si sono registrati ben 12.500 episodi di guerra e più di 50mila vittime in tutto il mondo. Eppure questo nuovo conflitto sconvolge in modo diverso il mondo occidentale non solo perché percepito come “più vicino” (geograficamente o idealmente), ma anche perché mette pericolosamente a repentaglio equilibri mondiali come non avveniva dalla seconda guerra mondiale.

Come afferma Claudio Mencacci, medico psichiatra e Presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia su Repubblica, «il confitto dopo la pandemia deprime e disorienta», «la continua esposizione all’imprevedibilità, prima del virus, ora degli scenari di combattimenti alle porte, genera una profonda reazione di ansia».

Uno choc che mette a dura prova la salute mentale dell’intera popolazione mondiale, già minata dalle conseguenze della diffusione del Coronavirus. Paura del futuro, ansia e incertezze, uniti all’infodemia, colpiscono i meccanismi di difesa della persona scatenando diverse manifestazioni fisiche di questo malessere: irritabilità, sbalzi d’umore, inappetenza o – al contrario – eccessivo appetito, disturbi gastrointestinali, mal di testa, tensioni muscolari e disturbi del sonno sono campanelli d’allarme da non sottovalutare.

Essere sottoposti a periodi prolungati di stress azzera le nostre risorse fisiche, emotive e mentali.

Il senso di impotenza può generare due reazioni contrapposte: necessità di tenersi costantemente informati o, al contrario, evitare il più possibile l’esposizione agli avvenimenti. Se rimanere all’oscuro, però, non fa altro che amplificare la paura dell’ignoto, sottoporsi senza sosta al flusso di informazioni, in tv e nei social, è altrettanto deleterio.

Come afferma infatti la psicologa e psicoterapeuta Marina Zanotta, «per affrontare l’ansia, uno strumento molto efficace è quello della conoscenza: informarsi bene, leggendo da fonti attendibili, quello che sta succedendo tra Russia e Ucraina, aiuta molto a tenerci ben ancorati alla realtà dei fatti. Avere consapevolezza di quello che sta succedendo (…) aiuta a calmare i pensieri. Questo non significa essere indifferenti, ma essere lucidi senza essere sopraffatti dalle emozioni negative».

Altrettanto importante è riuscire a staccare mentalmente, dedicandosi ad attività piacevoli: di fronte ad avvenimenti così gravi, il nostro bisogno di spensieratezza ci fa sentire egoisti nel desiderare una tregua. Ma è anche vero che spesso per poter aiutare gli altri è determinante, in primo luogo, saper aiutare sé stessi.

Per combattere il senso di impotenza, che può sfociare in senso di colpa e frustrazione, dare un proprio contributo alla causa, attraverso donazioni e iniziative per la pace, non solo è un atto lodevole nei confronti delle popolazioni afflitte, ma è anche un’azione che produce in noi l’effetto di alimentare la speranza, facendoci sentire parte di qualcosa di più grande della propria individualità, anche se lontani migliaia di chilometri.

Affrontare, nel 2022, una tematica come la guerra è complicato e doloroso per gli adulti, e lo è a maggior ragione per bambini e ragazzi. Dopo aver provato, per due anni, a spiegare ai più giovani il significato di pandemia, i genitori si trovano oggi di fronte a un nuovo scoglio. Come spiega lo psicoterapeuta dell’età evolutiva Alberto Pellai, il rischio è di «trasmettere a chi sta crescendo l’idea che il mondo non sia un luogo sicuro in cui nascere e crescere. Sia chiaro: è fondamentale essere partecipi, consapevoli e aggiornati su tutto, ma ciò che probabilmente non dà tregua ai bambini è la sensazione di vivere sempre sotto assedio. Il ruolo di noi adulti, in questo caso, è quello di abbassare il senso di minaccia sul “qui ed ora” fornendo loro una visione chiara di come tutto il mondo al momento stia lavorando con la seria intenzione di fermare la guerra. Tante le piccole cose che un bambino può fare: pregare per la pace (nelle famiglie di chi ha un credo religioso), portare un dolce o un fiore ad una persona ucraina che vive nella nostra comunità (…), aderire alla proposta di un’agenzia qualificata che sta promuovendo raccolte a favore della popolazione ucraina».

Oltre all’ansia e alla paura, tra gli effetti di questi eventi sulla nostra psiche c’è anche lo svilupparsi di uno stato di apatia, da considerarsi campanello d’allarme al pari degli altri sintomi. Prima la pandemia e ora la guerra hanno generato in noi un carico emotivo molto pesante, che non tutti sono in grado di gestire senza conseguenze. Per questo non bisogna chiudersi nel silenzio ma è invece importante riconoscere le difficoltà e affidarsi alle mani esperte dei professionisti, per poter aiutare sé stessi e, quindi, essere in grado di sostenere il prossimo.

 

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