Due anni fa, nel marzo del 2020, il nostro Paese, tra i primi in Europa ad aver conosciuto e affrontato la diffusione del Covid-19, decideva di chiudere le scuole. Fu una delle prime e più importanti misure adottate per fronteggiare l’emergenza sanitaria. Con l’espandersi della pandemia, altre 190 nazioni di tutto il mondo hanno applicato provvedimenti analoghi, dagli asili alle università, coinvolgendo in totale un miliardo e 600 milioni di allievi (il 92% dell’intera popolazione studentesca).
Che la pandemia avrebbe avuto un impatto decisivo sull’educazione è stato chiaro fin da subito, spingendo istituzioni, organizzazioni mondiali e associazioni mediche di psichiatri, psicologi e pediatri a lanciare l’allarme e raccogliere evidenze scientifiche delle conseguenze negative del pur necessario isolamento dei più giovani.
Proprio in questi giorni il ministro della Salute Roberto Speranza ha annunciato l’inserimento di un bonus per l’assistenza psicologica all’interno del decreto Milleproroghe. I dettagli non sono ancora noti, ma si parla di uno stanziamento di 20 milioni circa di euro.
Secondo gli esperti la pandemia ha acuito alcuni disagi psicosociali già presenti nelle nuove generazioni. In base ai dati diffusi da David Lazzari, presidente del CNOP, Consiglio Nazionale Ordine Psicologi, «sono raddoppiati i disturbi dello sviluppo, di ansia e depressione, del comportamento, ma soprattutto c’è una condizione di malessere psicologico molto diffuso. La metà dei giovani guarda al futuro con pessimismo, senza speranza».
Secondo Stefania Giannini, ex ministro dell’Istruzione, oggi vicedirettrice generale dell’Unesco per l’Educazione, «è indubbio che l’insegnamento a distanza come sostituto radicale di una scuola in presenza completamente chiusa ha effetti negativi enormi e indiscussi. Il primo è quello di amplificare le diseguaglianze sociali, mettendo i bambini che hanno un background familiare e strumenti di supporto meno robusti in condizioni di svantaggio». Come Unesco, prosegue Giannini, «lo abbiamo detto subito, ma non abbiamo voluto fare campagna contro la tecnologia, che ha assicurato la continuità didattica: senza piattaforme e gli strumenti ibridi messi in atto durante la pandemia, ci sarebbe stato un deficit educativo ancora più sproporzionato e forse sarebbe stato irrecuperabile».
«Stiamo assistendo a una perdita di scala quasi insormontabile per la scolarizzazione dei bambini», ha dichiarato Robert Jenkins, Responsabile UNICEF per l’istruzione, secondo il quale «la semplice riapertura delle scuole non è sufficiente. Gli studenti hanno bisogno di un supporto intensivo per recuperare l’istruzione persa. Le scuole devono anche andare oltre i luoghi di apprendimento e ricostruire la salute mentale e fisica dei bambini, lo sviluppo sociale e la nutrizione».
Save the Children ha recentemente lanciato una proposta di recupero per gli studenti, sottolineando la necessità di «mettere in campo un serio piano di “ristoro” educativo che, al pari di quanto si è fatto per le attività produttive, intervenga per limitare i danni di lungo periodo che rischiano di colpire intere generazioni e interrompere definitivamente i percorsi educativi dei bambini, delle bambine e degli adolescenti che vivono nei contesti più poveri e svantaggiati».
D’altronde, demonizzare o assolvere la didattica a distanza in modo unilaterale risulta quantomeno forzato. Se da una parte ha svolto infatti un ruolo fondamentale nella tutela sanitaria, consentendo peraltro a studenti e insegnati di rimanere in contatto tra loro all’interno di classi virtuali, dall’altra ha in alcuni casi marcato le disparità e provocato delle ricadute psicologiche su bambini e adolescenti.
Oggi più che mai, le famiglie riscontrano molta difficoltà nell’interpretare e affrontare il malessere dei più giovani. Purtroppo la ricorrente mancanza di comunicazione tra figli e genitori e l’adozione di scelte non ponderate possono portare a un progressivo peggioramento della situazione. Per questo è fondamentale, nei casi in cui i bisogni si manifestassero evidenti, rivolgersi tempestivamente a un professionista, pediatra, psicologo o psichiatra.
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