Assicurare a tutti i cittadini un livello minimo di benessere proteggendo le categorie più deboli: questo il motivo che ha portato alla nascita e all’evoluzione dei diversi programmi di welfare che oggi caratterizzano le politiche pubbliche di quasi tutte le Nazioni del mondo.
Le origini storiche sono abbastanza recenti: bisogna partire dalla Germania di Otto von Bismark, che nel 1883 istituì le prime assicurazioni obbligatorie. Si trattava di misure per tutelare il lavoratore in caso di malattie e infortuni. Lo sviluppo e l’espansione di questi interventi politici, anche in ambiti come anzianità, disabilità e disoccupazione, è però databile intorno a metà del ‘900, quando appunto entra in uso in Gran Bretagna l’espressione “Welfare State”, “Stato del benessere”.
Le misure di welfare messe in atto da un governo possono prevedere due modalità: trasferimenti monetari o benefici e servizi (ad esempio la sanità pubblica). Con le dovute differenze anche all’interno della stessa categoria, è possibile individuare alcune grandi tipologie: welfare socialdemocratico, corporativo, anglosassone e familiare.
Nei sistemi corporativi (anche detti bismarckiani), i primi a svilupparsi in termini cronologici, gli aiuti governativi sono destinati principalmente in base al reddito e alla professione dell’individuo. Fanno parte di questo gruppo i Paesi dell’Europa continentale come Germania, Francia, Olanda, Belgio. Qui il welfare è indirizzato a soprattutto a preservare lo status economico e sociale del cittadino, supportandolo in caso di malattie, eventi negativi, disoccupazione o altri imprevisti e difficoltà.
I sistemi socialdemocratici sono tipici del Nord Europa (Norvegia, Finlandia, Svezia, Danimarca). Questi Paesi presentano PIL pro-capite e spesa pubblica superiori ai Paesi del modello corporativista. Il cardine su cui si sono sviluppati i sistemi socialdemocratici è il raggiungimento di un certo livello di uguaglianza in base a criteri di cittadinanza o residenza. Si agisce sulla distribuzione della ricchezza, tramite, ad esempio, tassazione progressiva e importanti sussidi indirizzati a studenti e nuove imprese.
I sistemi familiari (o familistici), diffusi soprattutto nell’Europa mediterranea (Italia, Grecia, Spagna e Portogallo), garantiscono un alto livello di protezione sociale e operano su base familiare. La famiglia riveste infatti un ruolo chiave e funge da ammortizzatore nel soddisfacimento delle necessità dei singoli membri del nucleo.
I sistemi anglosassoni, anche detti liberali, prevedono un basso livello di protezione sociale, supportando solo i soggetti più fragili della società: indigenti, malati o persone con altre difficoltà che mettono a rischio la stessa sopravvivenza. Gli aiuti sono per lo più di tipo economico e non sotto forma di servizi. Fanno parte di questo gruppo USA, Regno Unito, Canada e Nuova Zelanda, Paesi dove il PIL il pro-capite è mediamente alto e l’individuo ha gli strumenti necessari per affrontare ogni situazione. La maggior parte dei cittadini usufruisce di contratti assicurativi (spesso già previsti dai benefit aziendali) per ottenere le necessarie tutele.
Al di là delle macro categorie, ogni Stato ha le sue peculiarità e spesso i sistemi posso presentare caratteristiche miste. Basti pensare all’affermarsi del welfare integrato, che fornisce soluzioni innovative e personalizzabili tramite soggetti alternativi a Stato e Regioni, quali ad esempio rappresentanze e associazioni di categoria, fondi pensione e fondazioni, servizi finanziari, assicurativi e professionali. L’obiettivo è adottare una strategia globale per garantire il giusto livello di benessere a tutti i membri del nucleo familiare.
I sistemi di protezione sociale sono inoltre in continua evoluzione, in quanto motore non solo di benessere per il singolo ma anche di sviluppo economico per tutta la comunità. Le tendenze demografiche, il progresso e l’orientamento dei mercati influenzeranno ulteriormente questi sistemi aprendo probabilmente scenari inediti. Tra gli elementi che hanno portato a un’ampia riflessione sulla tematica c’è sicuramente la pandemia da Covid-19, che ci ha resi tutti maggiormente consapevoli della nostra fragilità, a prescindere dal reddito.
Il welfare del futuro dovrà quindi tenere conto di questi aspetti per consolidare il suo ruolo come baluardo del bene comune e volano di crescita.
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