Plastic tax, per la salvaguardia dell’ambiente (articolo 1, commi da 634 a 658)
L’inedito tributo, già in voga in alcuni Paesi europei, che si applica al consumo di manufatti in plastica con singolo impiego (Macsi) utilizzati per il contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o prodotti alimentari, punta al raggiungimento di due obiettivi principali: ridurre l’utilizzo di questo materiale tanto indistruttibile quanto nocivo, linea intrapresa già dagli organismi internazionali, e, perché no, dare linfa alle casse dello Stato. Sulla base di tali premesse, la plastic tax entra nel nostro sistema tributario, esplicando i primi effetti dal primo giorno del secondo mese successivo alla pubblicazione del provvedimento dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli che, entro maggio, dovrà definire le modalità attuative della norma. La cosa certa è che sarà pari a 0,45 euro per ogni chilogrammo di materia plastica (niente è dovuto se il tributo risulta pari o inferiore a 10 euro), che dovrà essere versata tramite modello F24 con possibilità di compensazione con altre imposte e contributi e che, in caso di pagamento non dovuto, si potrà chiederne il rimborso entro due anni dalla data del pagamento, a pena di decadenza.
Dal punto di vista oggettivo
I beni interessati dalla nuova imposta, come anticipato, sono i Macsi (piatti, posate e bicchieri monouso in plastica, buste, bottiglie e contenitori in tetrapak, pellicole, cioè quegli oggetti pensati, progettati e venduti per essere usati una sola volta nel loro ciclo di vita) ma con alcune eccezioni, come ad esempio i prodotti compostabili (conformi alla norma Uni En 13432:2002) o frutto dell’attività di riciclo, i dispositivi medici e i contenitori di medicinali.
…da quello soggettivo
I debitori d’imposta sono individuati in base alla provenienza dei Macsi. Se realizzati in Italia, obbligato è il fabbricante (non è considerato tale chi produce manufatti utilizzando come materia prima o semilavorati altri Macsi sui quali l’imposta sia dovuta da un altro soggetto), quando provengono da Paesi Ue l’acquirente “commerciante” o, se a comprare è un consumatore finale, il cedente, infine, quando i Macsi arrivano da Stati extra Ue, l’importatore. La plastic tax diviene esigibile al momento dell’immissione in consumo (cessione o acquisto). Naturalmente il tributo non è dovuto quando i Macsi costruiti in Italia valicano i confini nazionali.
… e degli “osservatori”
L’accertamento della nuova imposta avverrà sulla base di dichiarazioni trimestrali presentate dagli obbligati all’Agenzia delle dogane e dei monopoli entro la fine del mese successivo al trimestre solare a cui la dichiarazione si riferisce. Nello stesso termine sarà necessario versare il dovuto. A “monitorare” la correttezza degli adempimenti saranno i funzionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli delle dogane e dei monopoli. L’amministrazione doganale, in particolare, si occuperà anche della riscossione dell’imposta relativa ai Macsi provenienti da Paesi extra Ue.
Per chi taglia i ponti con la plastica
Infine, con i commi da 653 a 658, la legge di bilancio 2020 concede, alle imprese produttrici di Macsi, un credito d’imposta nella misura del 10% delle spese sostenute nel 2020 per l’adeguamento tecnologico finalizzato alla produzione di manufatti compostabili (i costi sostenuti per l’acquisizione delle conoscenze relative al suddetto adeguamento rientrano, invece, nel credito di imposta formazione 4.0, introdotto dal Bilancio per il 2018). Un’agevolazione che si incardina nel perimetro del Piano nazionale sulla plastica sostenibile.
Il credito, riconosciuto fino a un importo massimo di 20 mila euro per ciascun beneficiario (nel limite complessivo di 30 milioni di euro per il 2021), deve essere utilizzato esclusivamente in compensazione. Va indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale interviene il provvedimento di concessione e in quelle riguardanti i periodi d’imposta successivi fino a quando se ne conclude l’utilizzo. Le disposizioni applicative del credito d’imposta arriveranno con un decreto interministeriale dei ministri dell’Ambiente, dell’Economia e Finanze e Sviluppo Economico.
Sugar tax: meno zucchero più benessere (articolo 1, commi da 661 a 676)
La legge n. 160/2019 istituisce, anche sulla base dell’esperienza di altri Paesi Ue, l’imposta sul consumo di bevande analcoliche edulcorate nella misura di 10 euro per ettolitro, nel caso di prodotti finiti, e di 0,25 euro per chilogrammo, nell’ipotesi di prodotti predisposti a essere utilizzati previa diluizione. La sugar tax si applicherà dal primo giorno del secondo mese successivo alla pubblicazione del decreto Mef che, entro agosto, dovrà definire le modalità attuative della norma.
Dal punto di vista oggettivo
Le bevande edulcorate nel mirino del fisco sono quei prodotti finiti e quelli predisposti per l’utilizzazione previa diluizione, che rientrano nelle voci NC 2009 e 2202 della nomenclatura combinata dell’Unione europea, condizionati per la vendita, destinati al consumo alimentare umano, ottenuti con l’aggiunta di qualsiasi sostanza, di origine naturale o sintetica, in grado di conferire sapore dolce alle bevande e aventi un titolo alcolometrico inferiore o uguale a 1,2% per cento in volume. Sono esonerate dal prelievo le bevande il cui contenuto complessivo di edulcoranti sia inferiore o uguale a 25 grammi per litro – per i prodotti finiti – e a 125 grammi per chilogrammo – per i prodotti predisposti a essere utilizzati previa diluizione. In ogni caso, il potere edulcorante delle sostanze in questione sarà stabilito con un decreto interdirettoriale dei ministeri dell’Economia e Finanze e della Salute.
…da quello soggettivo
Paga la sugar tax, al momento della cessione delle bevande, il fabbricante nazionale (o, se diverso da questo, colui che provvede al condizionamento, cioè aggiunge le sostanze dolcificanti); l’acquirente, all’atto del ricevimento, in caso di bibite edulcorate provenienti dalla Ue; l’importatore, nell’ipotesi di bevande dolcificate importate da Paesi non appartenenti all’Unione europea. Non paga l’imposta, invece, il fabbricante italiano che cede i prodotti per il consumo in altri Paesi Ue o li esporta.
Tornando agli interessati, questi dovranno registrarsi presso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, la quale li doterà di un codice identificativo; dovranno, inoltre, entro il mese successivo alle cessioni (o compere) effettuate, presentare una dichiarazione mensile e versare l’imposta dovuta.
Anche per la sugar tax l’accertamento è demandato ai funzionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli
Per entrambe le new entry del panorama tributario italiano, infine, il legislatore definisce le penalità in caso di mancato (sanzione amministrativa dal doppio al decuplo dell’imposta evasa, comunque non inferiore a 500 euro) o ritardato pagamento (sanzione amministrativa pari al 30% del dovuto, comunque non inferiore a 250 euro) o, ancora, per l’omessa o tardiva presentazione della dichiarazione (sanzione amministrativa da 500 a 5 mila euro).
Fonte: FiscoOggi.it – 13 gennaio 2020
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